Il pubblico impiego è il rapporto di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. La disciplina del pubblico impiego è organicamente contenuta nel Testo unico sul Pubblico impiego (d.lgs. 165/2001).
Per amministrazioni pubbliche si intendono:
- le amministrazioni statali, compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative;
- le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo;
- le Regioni
- le città metropolitane e gli altri enti di area vasta
- i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni
- le istituzioni universitarie
- gli Istituti autonomi case popolari
- le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni
- tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali
- le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale
- l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni
- le Agenzie.
Tra l’amministrazione ed il dipendente pubblico si instaura, dall’entrata in vigore del d.lgs. 29/1993 che ha introdotto la c.d. “privatizzazione” del pubblico impiego, un rapporto di lavoro di diritto privato: i contratti individuali instaurati tra i dipendenti pubblici e le pubbliche amministrazioni sono dunque disciplinati dal Codice Civile e dalle altre norme sul lavoro subordinato. Il rapporto di lavoro, basato su un nesso sinallagmatico prestazione lavorativa/retribuzione, è retto dal contratto individuale di lavoro e dai contratti collettivi di lavoro.
Alcune categorie di dipendenti pubblici, ovvero i magistrati, gli avvocati e i procuratori dello Stato, il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia, i professori e i ricercatori universitari, il personale militare e delle forze di polizia di Stato, sono state tuttavia escluse dal processo di “privatizzazione”, e dunque le loro retribuzioni e le condizioni di lavoro sono stabilite unilateralmente dallo Stato e non è prevista alcuna contrattazione collettiva.
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